”Ero contenta di aver vissuto abbastanza a lungo per vedere la fine del regime di Gheddafi, ma adesso certo non credo che potrò vedere una Libia serena e felice”. E’ l’amara riflessione di Giovanna Ortu, presidente dell’Associazione italiani rimpatriati dalla Libia, circa 20mila persone che nel luglio 1970 furono espulse dal Paese nel quale erano nate e vivevano dal nuovo regime di Gheddafi appena salito al potere, in merito a quanto sta accadendo in Libia.

”La mia ultima immagine della Libia del dopo Gheddafi risale al settembre del 2011 – racconta all’Adnkronos Giovanna Ortu – Quella visita mi rimane nel cuore. In quell’occasione c’era un’atmosfera irripetibile. Andai su sollecitazione del console d’Italia a Bengasi, Guido De Santis”.

”In quell’occasione si respirava una nuova aria e avevamo avuto contatti con alcune donne, che facevano parte di associazioni per i diritti civili, con il ministro libico dello Sport del primo governo post Gheddafi e avevamo avuto tanti inviti a collaborare e a portare avanti progetti per i nostri giovani”, sottolinea.

”Ma poi questo non è successo – aggiunge – E questi ultimi fatti lasciano capire quanto terreno sia stato via via perduto. La situazione si è incancrenita, e io non posso credere che un popolo, che tutto sommato è sempre stato avulso da grandi partecipazioni politiche, ora stia generando tutto questo a causa degli scontri tra grandi tribù”.

”E questo quadro destabilizzante nel Mediterraneo genera una marea di disperati che tenta il tutto per tutto – aggiunge la presidente – Ci preme che un popolo possa avviarsi verso una scelta democratica e non che ci si ammazzi come mosche”.

”La speranza” forse, sottolinea, è in ”un intervento armato concordato dell’Occidente per fare in modo che questi disperati vengano fermati prima di morire in mare. Ci vorrebbe una forza internazionale di terra”.

”Io ricordo la Libia indipendente del Senusso – racconta – è sempre stata un paese tranquillo rispettoso dei diritti delle minoranze. Noi siamo venuti in Italia nel 1970, Gheddafi aveva appena preso il potere, quando fece un decreto di espulsione per gli italiani. Noi abbiamo perso tutto, in Libia avevamo grandi proprietà agricole, industrie, palazzi, attività commerciali. Gheddafi ci ha tolto tutto. Nella sventura ci siamo uniti e abbiamo creato l’associazione. Eravamo desiderosi di vivere una svolta pacifca della Libia, cosa che ci ha sempre tenuto vicini ai libici e alle loro sorti”.

”Uno degli scopi dell’associazione è di rivendicare i nostri diritti di fronte allo Stato italiano, abbiamo condotto numerose battaglie – aggiunge – Tra le altre cose nel 2009, a seguito delle nostre proteste siamo riusciti a far inserire una modesta legge di indennizzo. Ora dopo cinque anni e due decreti attuativi è in pagamento. In questi 40 anni non abbiamo recuperato nemmeno un quarto di quello abbiamo perduto allora”.