A nome dei Rimpatriati dalla Libia e mio personale, esprimo la più convinta adesione alla lettera apparsa sul Corriere della Sera di ieri a firma di autorevoli esponenti delle Istituzioni per la restituzione della dignità ai figli di Gheddafi. Proprio noi, prime incolpevoli vittime del disprezzo del Colonnello per il diritto internazionale – avendo subito nel 1970 la violenza della confisca e dell’espulsione dalla Libia – abbiamo saputo condurre una quarantennale battaglia per la difesa dei nostri diritti in nome del rispetto e della
civiltà per l’affetto verso quel Popolo e quel Paese. Già l’orribile fine del dittatore ci aveva sconvolto, ma abbiamo sperato che fosse solo una drammatica e incontrollabile esplosione per la gioia della ritrovata libertà, dopo decenni di tirannia e di isolamento. Purtroppo non è stato così e col fiato sospeso abbiamo seguito avvenimenti via via più tragici e sempre più lontani dall’unico possibile sbocco verso la democrazia: una effettiva pacificazione. Le immagini dell’ultimo video e il rapimento dei tecnici Eni (eventi auspicabilmente non collegati fra loro) aumentano il carico di angoscia e di pessimismo. Non resta che dire Inshallah!