Il primo a telefonare al nuovo (potenziale) premier libico è stato il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni:«Puntiamo sul vostro governo,vi appoggeremo, ma fate presto» ha detto a Fayez Serraj. Poi ha messo giù il telefono e ha fatto i suoi scongiuri: «Dobbiamo essere ottimisti, ma è solo un primo passo, il difficile deve ancora venire». Serraj è un tecnocrate originario di Tripoli, ex ministro della Casa, espressione però del blocco politico che fa capo al Parlamento di Tobruk. L’altro ieri l’inviato dell’Onu Bernardino León ha dovuto forzare la mano alle parti convocate in Marocco per farsi dare i nomi da presentare al mondo: è il “governo di accordo nazionale” che dovrà essere votato dai due parlamenti rivali di Tripoli e Tobruk. Un voto che per il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon deve essere velocissimo, «non c’è tempo da perdere, in Libia bisogna ricostruire lo Stato». Giovanna Ortu, presidentessa dell’associazione degli italiani espulsi da Gheddafi, ricorda che Sarraj è un ingegnere, figlio di una famiglia tripolina ricca e rispettata. È un nome di compromesso, tirato fuori dal cappello di León dopo che alcuni pesi massimi della politica libica avevano rifiutato.Il “no” più pesante è stato quello dell’ex ministro degli Esteri ed ex ambasciatore all’Onu Abdurrahman Shalgam.

Ma anche altri hanno rifiutato, dando l’idea che molti non credono che questo governo avrà vita facile. Assieme a Serraj l’Onu ha annunciato i nomi dei 3vice-premieredei “ministri d iStato ”che formeranno il “Consiglio di presidenza”, una sorta di presidenza collettiva che sarà la vera guida del governo. Rispettando il “manuale Cencelli” degli orientamenti politici, delle regioni del paese eanche delle origini tribali, sono stati scelti i 3 vice- premier Ahmed Maetiq (Misurata), Moussa Kony (Fezzan), Fathi Majbari (Cirenaica, sostenuto da Tobruk ma anche da Agedabia). L’abile Fathi Bishaga, un ex pilota oggi parlamentare di Misurata, sarà il “consigliere per la sicurezza nazionale”, mentre l’altro misuratino Abdelrahman Sweihli il presidente del Consiglio di Stato. La lista dei ministri prevede anche due donne, anche se qualcuno ricorda che per esempio non c’è un rappresentante della città di Bengasi. L’equilibrio territoriale all’interno del governo potrà essere affinato col tempo: il problema è capire cosa faranno le fazioni che non hanno appoggiato

questa proposta dell’Onu. A Tripoli e a Tobrukalcuni gruppi ostili sono già scesi in piazza, per oggi ci si aspettano nuove proteste violente: il tutto per paralizzare il voto dei parlamenti di Tripoli e Tobruk. Mattia Toaldo, ricercatore dell’Ecfr a Londra valuta che «questo governo dovrà superare tre test: nelle piazze, dove i duri si faranno sentire. Nei due parlamenti che dovranno votare l’accordo. E poi nella capacità di prendere il controllo di Tripoli, che è la città in cui il governo nazionale dovrà risiedere». Per una Libia pacificata la strada è lunga.