L’inviato dell’Onu: l’Italia ha già un ruolo di leadership, ma ora la priorità è completare il processo istituzionale
Il 18 aprile potrebbe essere finalmente il giorno del voto di fiducia al governo di Fayez al-Sarraj e l’insediamento effettivo delle nuove istituzioni libiche. Ma per l’inviato speciale dell’Onu Martin Kobler, ora a Tripoli, è ancora presto per parlare di un intervento militare internazionale: «L’Isis lo batteranno prima di tutto i libici».
Sarraj è a Tripoli ma governa ancora dalla base navale di Abu Sittah. Quando pensa potrà entrare nelle sedi istituzionali?
«Non posso fare previsioni sui tempi. Servono prima i passaggi istituzionali previsti dall’Accordo politico libico e condizioni di sicurezza garantite a tutti i membri del Consiglio presidenziale. Ma spetta ai libici decidere e attuare questi aspetti. La comunità internazionale non spingerà per azioni di forza. Vogliamo prima di tutto evitare nuove violenze. Ogni forzatura sarebbe pericolosa».
Il prossimo passaggio è il voto alla Camera di rappresentanti (Hor) a Tobruk. Sembra che ci sarà il 18 aprile, ma finora è sempre mancato il quorum.
«In realtà il quorum era stato raggiunto il 22 febbraio. Ma una minoranza chiassosa ha intimidito gli altri parlamentari. Ora il presidente Aguila Saleh si è impegnato a garantire un voto corretto. Ci sono stati incontri importanti al Cairo, anche alla Lega araba. Sono segnali che inducono all’ottimismo».
In questi mesi però, a detta di molti, ha giocato un ruolo negativo il generale Khalifa Haftar, che vuole restare ministro della Difesa. Potrà interferire?
«La Forze armate libiche stanno avendo un ruolo importante nella lotta all’Isis in Libia. Con il governo di unità nazionale guidato da Al-Sarraj saranno senz’altro rafforzate e valorizzate. Quanto al ministero della Difesa è stata presa una decisione, molto tempo fa, e fa parte degli accordi. Non può essere rimessa in discussione. Come per tutto il resto del processo, spetta ai libici decidere, ma ora è il momento della responsabilità».
Secondo il Pentagono l’Isis in un anno ha raddoppiato i suoi combattenti a 6000. Basterà l’esercito libico o serve l’intervento internazionale?
«Un passo alla volta. La minaccia dell’Isis è seria. Distruggere l’Isis in Libia è il nostro primo obiettivo. Ma prima dobbiamo avere un governo pienamente in carica. Sarà questo governo a guidare la lotta all’Isis, con la collaborazione di tutti, comprese le milizie che saranno integrate nelle forze di sicurezza libica. Se poi il governo libico chiederà assistenza, la comunità internazionale è pronta».
Nel caso, sarà l’Italia a guidare la missione internazionale?
«L’Italia sta svolgendo un ruolo molto importante. Colgo l’occasione per ringraziare il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che ha dato un contributo personale notevole. L’Italia ha già un ruolo di leadership nella missione civile di assistenza. Quanto a una futura missione militare, ripeto: un passo alla volta. Prima facciamo in modo che il processo istituzionale si completi».
L’Isis avanza, ha attaccato i pozzi di petrolio. Abbiamo tempo?
«Sono il primo ad ammettere che il processo è troppo lento. Ma non possiamo rovinare tutto con passi sbagliati. La sicurezza della Libia, compresi i pozzi di petrolio, deve essere assicurata in primis dai libici».
I pozzi sono difesi dalle guardie della Noc (National oil company). Non sarebbe il caso di porli sotto il controllo diretto del governo Al-Sarraj?
«Non credo. Quello che dobbiamo fare è rafforzare la Guardia degli impianti petroliferi in modo che possa respingere gli attacchi dell’Isis. Sicuramente il governo provvederà».
Ma anche alcune forze della Cirenaica spingono per gestire i pozzi. Non c’è il rischio di alimentare spinte secessioniste?
«Non vedo questo rischio. Sotto il regime di Gheddafi la Cirenaica è stata trascurata e c’era malcontento. La guerra civile ha provocato danni enormi. Per questo abbiamo istituito un fondo speciale per la ricostruzione. La Libia sarà forte solo se sarà unita. È importante che la gente senta che il nuovo governo sta lavorando per tutti: Tripolitania, Cirenaica, Fezzan».