Manifestazioni a favore del generale da Bengasi a Tobruk. Bruciati il Tricolore e le fotografie del diplomatico Kobler

La Cirenaica scende in piazza per difendere il suo eroe, il generale Khalifa Haftar che sta marciando con mille blindati per liberare Sirte occupata dall’Isis. Manifestazioni a Bengasi, Tobruk, Beida, sedi del governo dell’Est, del Parlamento e dove risiede Haftar. Dopo la preghiera del venerdì, le proteste. Durante i cortei i manifestanti hanno incendiato bandiere e manichini, esibito manifesti con i volti di leader e uomini delle istituzioni calpestati. Tra gli obiettivi c’è anche l’Italia. Il Tricolore e il manichino con la foto del delegato delle Nazioni Unite, Martin Kobler, sono stati bruciati. Preso di mira anche il consigliere militare dell’Onu, il generale Serra. E poi l’ambasciatore libico al Palazzo di Vetro, Dabashi, i vicepresidenti del ConsiglioPresidenziale, Maetig e Majburi. Il capo delle guardie dei pozzi e dei porti petroliferi, Ibrahim Jadran e l’ islamista Belhaj. Brutto il clima, che ricorda quello del 2006 a Bengasi. Allora fu il regime di Gheddafi a organizzare le manifestazioni contro la maglietta anti-Islam del leghista Roberto Calderoli, e la protesta sfuggì di mano con decine di morti. L’altro giorno la situazione poteva degenerare, ma per il momento si è trattato solo di segnali di dissenso. A determinare le proteste sono state le ultime prese di posizione dei ministri degli Esteri e della Difesa, Paolo Gentiloni e Roberta Pinotti, contro il generale Haftar. Non è la prima bandiera italiana a finire in cenere in questi giorni. A molti libici non ha fatto piacere che Roma ricevesse ministri (Sanità e Interno) di un governo che non ha avuto il voto del Parlamento di Tobruk. Haftar, sostenuto da Egitto, Emirati Arabi e francesi, per la Cirenaica è un eroe, ma è difficile che possa diventare un domani il leader di una Libia pacificata. Il Consiglio Presidenziale di Faiez al Sarraj, che da un mese si trova nella base navale di Tripoli, è difeso da quelle milizie che l’accordo politico avrebbe voluto già vedere a cento chilometri dalla capitale. Il suo esercito troverebbe inoltre mille ostacoli per raggiungere Sirte, oggi occupata dall’Isis. Sulla strada si trova Misurata, oggi sostenuta militarmente dagli inglesi. Insomma, la Libia è di nuovo in una situazione di stallo. Oggi gli occhi sono tutti puntati sulla missione del generale Haftar per liberare Sirte. Che non sarà una «passeggiata» di pochi giorni. Basti pensare che per riconquistare Bengasi ci sono voluti due anni. Ora Haftar avrà di fronte i tagliagole dello Stato islamico e la battaglia si annuncia cruenta. In questi giorni ci sono state proteste anche a Derna, proclamata dall’Isis il nuovo Califfato. Ma gli islamisti moderati, aiutati da Haftar, hanno cacciato gli jihadisti. Solo che poi Haftar ha bombardato la città colpendo gli ex alleati. Che sono scesi in piazza a protestare contro di lui.