ROMA. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni è a New York assieme al premier Matteo Renzi per l’Assemblea dell’Onu. Immigrazione e crisi libica dominano le preoccupazioni del nostro paese. E il rapimento dei due italiani non fa che rafforzare la necessità di attenzione al conflitto in Libia. Ministro, cosa è accaduto ai due italiani? «Seguiamo il caso minuto per minuto da stamattina. L’Unità di Crisi della Farnesina è in contatto con le famiglie. Al momento non ci sono indicazioni ed è troppo presto per attribuire una matrice precisa ai sequestratori». La situazione del paese è di grande instabilità specialmente ora il generale Haftar ha conquistato i terminal petroliferi mentre stava trattando con l’Onu un nuovo accordo con Tripoli. «Nelle ultime settimane avevamo registrato un fatto positivo: le forze fedeli al governo di Tripoli avevano eliminato quasi del tutto la presenza dell’Isis a Sirte. Su Haftar devo dire che il governo italiano e la comunità internazionale appoggiano fino in fondo il governo Serraj: noi sosteniamo la necessità di andare avanti nella ricerca di un accordo con le forze della Cirenaica, anche con il generale Haftar».

Ministro, la verità è che il primo attore nella Libia orientale è l’Egitto, che adopera Haftar e la sua milizia… «Io credo che le condizioni della Libia siano cruciali per la sicurezza dell’Egitto così come lo sono per la sicurezza di altri paesi della regione. Per cui capisco e condivido l’attenzione continua del governo egiziano alla situazione libica. L’Egitto ha sempre detto di appoggiare il processo di stabilizzazione voluto dall’Onu, appoggia il governo Serraj, c’è la firma dell’Egitto sotto tutti i documenti che stanno segnando l’evoluzione di questo processo politico. Adesso auspico che l’Egitto si attivi con la sua indubbia influenza per favorire il dialogo dell’Est del paese con Tripoli, con il governo Serraj. E attenzione: non credo che una Libia divisa aiuterebbe la sicurezza dell’Egitto: la Libia divisa entrerebbe in una fase di con conflitto permanente, avrebbe effetti destabilizzanti su tutti i paesi vicini. E’ interesse dell’Italia dell’Egitto lavorare insieme per una Libia unita e stabile». A New York il tema dominante quest’anno è quello dei migranti: quale è la posizione dell’Italia? «Quest’anno sia il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon che il presidente americano Barack Obama hanno messosotto gli occhi di tutti qualcosa che non è più un’emergenza, ma un fenomeno strutturale di cui dobbiamo occuparci in maniera strutturale: la questione delle migrazioni è un fenomeno che ha elementi tipici di un’emergenza, ma ha chiaramente basi demografiche, economiche, geografiche createsi nei decenni. Adesso l’Onu vuole che questo tema sia affrontato da tutti i suoi Stati membri ». È quello che secondo il governo italiano la Ue non ha ancora iniziato a fare, come dice Renzi dopo il vertice di Bratislava? «Chi si accontenta di Bratislava non vede la crisi dell’Unione. Bratislava era un vertice convocato per la prima volta dopo 45 anni senza il Regno Unito per iniziare a discutere proprio dell’Europa dopo la Brexit. Ebbene, dopo la Brexit ci troviamo un’Europa in attesa, che rinvia i problemi della crescita economica e delle migrazioni. E proprio su questo tema l’Unione si muove a passo di lumaca, di fronte alla minaccia più seria che la sua unità abbia dovuto fronteggiare. L’idea che circola in Europa è che ci sia stata un’emergenza nata nel luglio del 2015 ma conclusa nel marzo del 2016 con all’accordo con la Turchia. Come se fosse tutto finito… Noi vediamo le cose in modo molto diverso, altro che emergenza improvvisa e superata. I flussi sono in atto da anni e il problema non si elimina. Va gestito e regolato perché dovremo fronteggiarlo per i prossimi 10/20 anni. L’Italia pretende che sia efficace il piano di ricollocazione dei migranti che hanno diritto d’asilo. Pretende che il modello seguito con la Turchia sia sviluppato anche con l’Africa, in maniera concreta. Pretende che ci sia un nuovo impegno per le politiche europee di rimpatrio». Il sindaco di Milano Sala chiede al governo nazionale maggiore coordinamento sul tema dei migranti. «È vero. Serve un salto di qualità nelle politiche di accoglienza e integrazione. Sarà una sfida per tutte le autorità di governo, nazionali e locali» Renzi ha criticato il vertice di Bratislava anche perché sul “migration compact” diretto ai paesi africani c’era poco o nulla. Ma cosa fate voi come governo italiano per orientare l’azione nazionale in quel settore? «Lavoriamo con il Viminale per rafforzare le intese sui rimpatri e per crearle dove ancora non sono in vigore. Sono appena stato in Nigeria e Costa d’Avorio, andrò presto in Senegal e Niger. Anchequi sarebbe utile un impegno europeo: se mettiamo 6 miliardi di euro sulla Turchia quanti vogliamo destinarne a sostenere i paesi africani? Con altri colleghi europei pensiamo di visitare altri paesi africani. Questo per i rimpatri. Ma chi ha diritto di asilo deve essere ospitato: la Ue doveva distribuire 160 mila permessi, ne sono stati dati solo 6 mila».