L’accordo fra il ministro Minniti e dieci sindaci del Fezzan “Vi aiutiamo a controllare il confine meridionale”
È stata necessaria una riunione carbonara al piano nobile del ministero dell’Interno, tutti attorno a uno sterminato tavolo in legno, con Marco Minniti a presiedere i lavori. Ma è così che procede la diplomazia del deserto. Attraverso gesti di forte valenza simbolica. E perciò due giorni fa, mentre a Tripoli il nostro ambasciatoreGiuseppe Perrone era l’ospited’onore alla prima riunioneoperativa con le forze libiche lealiste al governo Sarraj, a Roma il ministro accoglieva in un’inedita riunione politica i dieci sindaci delle principali città del Fezzan. Con un’operazione top secret, i dieci sindaci sono stati prelevati da un aereo senza insegne, accompagnati al Viminale, e poi riportati a casa. Non prima, però, di avere raggiunto un accordo che potrebbe far decollare l’attuazione del Patto italo-libico appena siglato a Roma e soprattutto aver ribadito il loro pieno sostegno al governo di Tripoli, specie alla figura emergente del vicepresidente Abdel Saad Kajaman, che da Serraj ha avuto la delega al Fezzan. I contenuti del Patto si conoscono a grandi linee. Si sa che riguardano il contrasto a tutti i traffici illeciti che solcano la terra e il mare della Libia. Un capitolo specifico è dedicato al Fezzan, l’enorme regione desertica del Sud, tutta sabbia e pietre, grande il doppio dell’Italia e popolata da appena 400mila libici. In verità, il numero esatto della sua popolazione non è chiaro e già questo particolare la dice lunga sulle difficoltà di chi dovrebbe controllare questo deserto. Un’area pericolosissima. Nel Fezzan si muovono ancora le tribù nomadi dei Tuareg e dei Tebou (in guerra tra loro). Ci sono predoni, gruppi terroristici, contrabbandieri. E qui passano le antiche rotte carovaniere, che sono diventate le autostrade dell’immigrazione clandestina. Chi controlla il Fezzan, insomma, controlla la porta di accesso alla Libia. E gli italiani – Minniti in quella fase era il sottosegretario delegato agli 007 – hanno capito nella gestione del rapimento di tre tecnici che lavoravano all’ammodernamento dell’aeroporto di Ghat, che sarebbe un errore clamoroso concentrarsi solo sulle dinamiche delle grandi città, Tripoli contro Tobruk, ignorando che da Sud, cioè dal Niger, passando per il Fezzan, s’incanala quasi tutto il traffico di esseri umani che poi sbarca da noi. Perciò il nostro governo si è impegnato con Sarraj ad aiutarlo per il controllo della frontiera meridionale, con tecnologie avanzate, droni, immagini satellitari. Perciò Minniti ha voluto ricevere a Roma, conferendo all’incontro tutta la sacralità necessaria, il sindaco di Sabha, di Ghat, di Murzuq, di al-Jufrah e tutti gli altri. Sono nomi di città sconosciute ai più, ma cruciali per le rotte del deserto, perché sono innanzitutto oasi. C’è l’acqua. E da lì obbligatoriamente i trafficanti devono passare. Ecco, basti sapere che al termine dell’incontro, i dieci sinda-satellici hanno approvato vigorosamente i contenuti del memorandum tra Italia e Libia, anzi hanno chiesto di velocizzare al massimo l’applicazione pratica. Ci sperano, nel Fezzan, che l’Italia dia una mano. Peraltro il memorandum italo-libico non riguarda e non avrebbe potuto riguardare solo questioni di sicurezza. Ci sono capitoli importanti dedicati alla cooperazione in tema di sanità e di sviluppo economico, di ricostruzione delle infrastrutture. Da quelle parti c’è stata una guerra e poi sei anni di caos istituzionale. Va ricostruita una società dalle fondamenta e questo i sindaci del Fezzan ci chiedono. In cambio garantiscono che anche l’Italia e l’intera Europa hanno tutto da guadagnare, se essi riprenderanno il controllo del loro territorio.