Dopo Tripoli, anche la città di Tarhuna in Libia è stata liberata dall’assedio del generale Haftar. Si tratta di un luogo strategico, a 90 km a sud della capitale. Tripoli viene considerata ora completamente sotto il controllo del governo di accordo nazionale (GNA). La città era sotto la morsa del generale della Cirenaica da oltre un anno. L’ultimo bombardamento risale solo a pochi giorni fa. Alcuni razzi erano caduti nel centro di Tripoli, sfiorando anche il cimitero di Hammangi, dove ancora riposano le salme di migliaia di civili italiani.

Tripoli e Tarhuna in festa

Dopo la liberazione di Tripoli, la popolazione è scesa in strada per festeggiare. Caroselli di macchine, bandiere sventolanti, canti e abbracci si sono susseguiti in tutta la città. Scene riviste ieri anche a Tarhuna, dopo che l’esercito del governo di Serraj, appoggiato dai turchi, ha messo in fuga gli uomini del generale della Cireanica.

Trovati 106 cadaveri in ospedale a Tarhuna

I miliziani dello GNA, entrati nella città, avrebbero però trovato 106 cadaveri nell’obitorio dell’ospedale. Lo riferiscono alcuni media turchi. Ci sarebbero anche molte donne e bambini. Secondo le accuse a compiere la strage sarebbero state le truppe di Haftar.

Tarhuna riconquistata senza combattere

Il controllo della strategica città di Tarhuna è stato preso senza combattere, Secondo l’Agenzia Nova all’alba di venerdì l’esercito nazionale libico (LNA) di Khalifa Haftar “si è ritirato verso la base aerea di Al Jufra, circa 350 chilometri a sud di Misurata e 460 chilometri a sud-ovest di Tripoli.”

Haftar si allontana dalla capitale libica

Il generale a capo delle truppe della Cirenaica è in difficoltà. La sua campagna di conquista, lanciata ad aprile 2019 contro il governo di Tripoli, ha subito una battuta di arresto. Da quando la Turchia è entrata nel conflitto schierandosi al fianco di Serraj, le sorti della guerra civile in Libia si sono rovesciate.

A Bengasi si bruciano le bandiere di Erdogan

Anche a Bengasi ha avuto luogo una manifestazione, di tutt’altro tenore rispetto a quelle delle città libiche occidentali. La folla ha preso di mira proprio Recep Tayyip Erdogan, colpevole di essersi schierato al fianco di Serraj. Nel corso delle proteste sono state date alle fiamme bandiere turche con il volto del presidente.