In libreria dal 28 settembre il nuovo giallo dell’autore, «Ballando nel buio» (Marsilio) Protagonista è ancora il commissario Balistreri, già militante neofascista

 

Michele Balestreri vive un presente guidato dal passato e non dal futuro. Anche per questo, per un rancore e una rabbia che ormai hanno fatto infezione, è il commissario meno empatico e più intrigante dell’attuale letteratura nostrana, e dire che di questi tempi la scelta sarebbe abbondante. Non ci sono mai belle persone, nelle storie di Roberto Costantini. Neppure nel suo nuovo romanzo, Ballando nel buio, un titolo che certo è riferito a una delle protagoniste, ma va inteso in senso lato, come condizione italiana, come stato del Paese.

 

L’ingegnere romano giunto alla sua settima opera non nasconde mai la benedetta ambizione di scrivere una biografia non autorizzata della nazione, usando il genere noir perché è quello che si addice a uno Stato come il nostro, fondato su molti, troppi, luoghi oscuri, su snodi mai davvero chiariti. Questa volta, dopo una prova più gialla e meno nera, più intimista e meno storicizzata come La moglie perfetta, saranno contenti i nostalgici della «trilogia del Male», perché questa danza nelle tenebre della Prima repubblica ha una discendenza diretta con il libro d’esordio di Costantini, forse il più amato dai lettori e comunque il più esplicito nella sua intenzione di usare i personaggi per raccontare sanza fare sconti una controstoria plurale e collettiva.

 

Era l’anno dei Mondiali anche in Tu sei il male, in ognuno dei due piani temporali che da quel debutto in poi sarebbero diventati la cifra stilistica dell’autore. Allora erano le volte buone, 1982 e 2006, il rigore di decisivo di Fabio Grosso come agnizione finale. In Ballando nel buio il passato è il 1974, lo scudetto della Lazio più che l’azzurro tenebra ai mondiali tedeschi, mentre il presente è Mexico ’86, è Inghilterra-Argentina, Maradona e la mano de Dios malandrina e subito celebrata, «perfetta, in quanto sfuggita all’arbitro, metafora ideale dei nostri tempi». Sappiamo dalla trilogia che il cinico, disperato e sgradevole Balestreri ha militato ad alto livello nell’estrema destra neofascista romana, sappiamo che i concetti di onore e patria erano le stelle polari della sua gioventù violenta, segnata dall’infanzia in Libia che gli sono valsi il soprannome di «Africa», l’odio per un padre che ha tradito qualunque ideale e qualunque onestà per consentire a Gheddafi di prendere il potere e continuare così i suoi affari, e l’amore per una madre idealista e pura, quindi destinata a soccombere. E sappiamo che è finito a servire uno Stato in cui non crede. Ma non sappiamo come e soprattutto non conosciamo nessun perché.

 

Ballando nel buio comincia con un colpo di pistola che nessuno sente mentre Maradona fa ammattire la difesa degli odiati inglesi usurpatori delle isole Falkland/Malvinas. La vittima è Giulio Giuli, deputato democristiano, ex amico del commissario, ex fascista che al bivio tra Ordine nuovo e Fuan, il Fronte universitario di azione nazionale, sceglie il secondo, e con esso la normalizzazione, una specie di ritorno a casa. Moriranno altri ex camerati, altre vite violente che nei compromessi e nel tepore consumista degli anni Ottanta avevano trovato una nicchia di benessere pur restando sempre a contatto con quello che oggi chiameremmo il mondo di sotto, dove il terrorismo ideologico è diventato semplice criminalità.

 

Balestreri verrà risucchiato da quel sommerso. «L’altra vita. Quella che non è stata». Il suo maestro, l’uomo che lo ha salvato e lo ha ripulito dagli anni violenti, gli impone un dogma. «Tu devi indirizzare il caso verso la soluzione più ovvia. Il presente, non il passato». Ma ignorare il passato è un viaggio verso l’impossibile. Il commissario ci prova, andando contro natura, e quasi per contrappasso sarà invece costretto a immergersi in un passato italiano fatto di stragi sulle quali mai è stata fatta luce, di carriere politiche nate all’ombra della rimozione, di apparati corrotti e servizi deviati, di grandi vecchi che muovono esseri umani come fossero burattini disarticolati, fino a conoscere la verità su quale che davvero accadde in Libia, a lui, alla sua famiglia, a sua madre, che si chiamava Italia.

 

L’unico, parziale spiraglio di luce arriva all’ultima pagina, la più bella di un libro bello e potente, e riguarda la vittima designata, la persona più devastata da questa storia sotterranea e senza innocenti. Perché per Costantini l’Italia non è mai stata innocente. Ecco. James Ellroy, l’unità di misura. «Africa» Balestreri e gli altri personaggi opachi di questo romanzo potente sono l’equivalente nostrano degli sbirri e dei politici, corrotti dentro e fuori, di American Tabloid. E Ballando nel buio è l’ultimo capitolo di un’unica saga che abbraccia, per dirla con le parole del grande scrittore americano, la storia di alcuni uomini malvagi e il prezzo che hanno pagato per definire in segreto il loro tempo.