Secondo fonti locali i morti potrebbero già superare la cinquantina. Ad Al Hadba c’è anche l’ex capo degli 007 Abdallah al Senoussi. I prigionieri trasferiti in un luogo sicuro

La Libia sempre più nell’occhio del ciclone. Un Paese che per la gravità permanente della situazione interna focalizza l’attenzione europea e italiana in particolare. A Tripoli si combatte nella zona del carcere di al Habda, dove è chiuso dal 2011 anche Saad Gheddafi, uno dei figli del Colonnello linciato a morte nell’ottobre 2011. Con i jihadisti libici e le colonne locali di Isis sono inoltre legate le colonne del terrorismo che hanno colpito a Manchester. E dalla Libia potrebbero essere giunti alcuni membri del commando che ha massacrato decine di copti nell’Alto Egitto. Tanto che nelle ultime ore l’aviazione egiziana ha compiuto diversi raid di rappresaglia sulle basi jihadiste e di Isis attorno a Derna, nell’est del Paese, e nel deserto. Da terra sono aiutati dai militari fedeli al generale Khalifa Haftar, ministro della Difesa del governo di Tobruk.

La battaglia

Da Tripoli intanto fonti giornalistiche locali confermano che la battaglia si è riaccesa già venerdì mattina. Sul campo si combattono per il controllo della piazza le milizie locali fedeli al premier del governo di unità nazionale nella capitale, Fayez al Sarraj, e quelle legate a Khalifa al Ghwell, leader dell’ex coalizione sostenuta dai gruppi islamici e i Fratelli Musulmani. Per il momento resta confuso il numero della vittime. Secondo fonti locali i morti potrebbero però già superare la cinquantina. Gli scontri più gravi sono attorno al carcere di al Hadba (controllato dagli uomini di Ghwell), dove pare siano tenuti almeno cento prigionieri, tra i quali uno dei figli di Gheddafi e alcuni alti responsabili dei servizi di sicurezza dell’ex regime. «Sembra che i prigionieri siano stati evacuati e siano ora tutti salvi», sostengono dal carcere. I combattimenti avvengono soprattutto in tre quartieri: Abu Salim, Salahedden e Qasr Bin. Ma minacciano di allargarsi al centro. Squadre di pompieri sono tra l’altro dovute intervenire per domare le fiamme nella sede della Mellitah Oil and Gas, la compagnia energetica libica che vede anche la partecipazione dell’Eni.